SUL CORRIERE DEL MEZZOGIORNO, scrive Giancarlo Visitilli e mi ha chiesto un parere.
“Da giorni mi chiedo su #Potes perché fa così rumore questa storia? È la storia di un adolescente che «un giorno a settimana in cui esco, decido di andare a Bari e ci sto andando da solo perché non ho amici con cui uscire. Sentire mia madre che dice: “Posso venire io così non ci vai da solo” è un altro tipo di dolore». Ecco, perché fa rumore questa storia? Forse perché il/la giornalista non sono madri o padri? O perché le lettrici/lettori fingono di vivere in altri luoghi, con altra tipologia di figli, in classi con studentesse e studenti differenti, rispetto a Potes, nome da cantante dell’adolescente pugliese? Dove sta la notizia? I nostri figli e le nostre studentesse vivono la stessa solitudine. Quella dei numeri ultimi.
Più passano i giorni e più mi convinco che Potes ha trovato finalmente visibilità sui social, ciò che non ha trovato nella realtà. E ancora ce la si gioca fra virtuale e reale. E in ciò anche chi fa il mestiere dell’educatore, insegnante o divulgatore, rischia di compromettere la credibilità educativa. Compresa quella dell’insegnante star, ma poco credibile agli occhi dei suoi studenti, che racconta: «in classe non c’era mai, tutto il tempo stava a farsi i TikTok. E ora, beato lui, è famoso». Diventare famosi, essere qualcuno, «andare alla televisione» dice lo studente di un prof star in Italia. “
-scrive Giancarlo Visitilli
«Il cantante Potes (“Ragazzo triste come me, ah ah…”) mi ricorda la canzone di Patty Pravo. Confessandosi senza vergogna, ha centrato un paradosso: solitudine e moltitudine, visto le centinaia di migliaia di visualizzazioni su TikTok » spiega Maristella Buonsante, psichiatra, psicologa e psicoterapeuta. “Sì, il problema c’è. Cadono tutti dal pero? Fa parte della rimozione persino collettiva, di problemi considerati non risolvibili o comunque che implicano molta energia psichica.
La rimozione è una cambiale, un pagherò. L’isolamento del Covid ha ulteriormente spezzato le relazioni. Persino la scuola chiude in classi, minimizza le interazioni, scoraggia il «casino» della interruzione e degli intervalli. In famiglia? La distanza generazionale, in parte giusta, significa anche scarsa attitudine alla conversazione, quella piacevole, fatta di aneddoti e sciocchezze. L’arte di conversare è un antidoto vintage e scarsamente coltivato. Soli anche in famiglia? A ben guardare in famiglia la conversazione non è mai stata granché. Di qui l’utilità della psicoterapia, che aiuta a esprimersi senza timore, critiche, raccomandazioni, divieti, cose spesso legate all’ansia degli interlocutori.Una saggia psicoterapia aiuta i genitori a parlare con i figli (e viceversa), a parlare con gli altri. Confessare che non si sa con chi uscire la sera è un problema che affiora in tutte le età”.
Il ruolo della scuola, Buonsante lo suggerisce: “Occorre partire dalla costruzione di una solidarietà nemica della società della performance, dove al contrario la pressione è sull’individuo e su quello che l’individuo, da solo, è in grado di ottenere. Il video su TikTok di Potes scuote e unisce: è un trionfo di audacia; l’audacia della vergogna». Proprio come nella scuola del merito e delle star.”