I problemi psichiatrici
“La Gazzetta del Mezzogiorno” intervista di Nicola Simonetti – 24 novembre 2018

Come si fronteggiano rispettando la «Legge Basaglia»


La Gazzetta del Mezzogiorno” Sabato 24 novembre 2018 – Nicola Simonetti


Il 1968, ovvero 50 anni fa, manicomi chiusi per legge. Primo al mondo e principale fautore dei movimenti che la promossero fu il prof. Franco Basaglia, protagonista del superamento della logica e l’istituzione dei servizi di igiene mentale (SIM), oggi CSM (centri di salute mentale).

«Secondo i dati OMS – dice la prof. Maristella Buonsante, direttore Centro salute mentale ASL Bari – la morbilità psichica raggiunge il 30%: una persona su 3 potrebbe essere curata per problemi psichiatrici.

Io, in quanto psichiatra, so che ci sono forze potenti dentro di noi che ci puniscono quando ci comportiamo male. In qualche modo siamo usciti dalle caverne e abbiamo sviluppato un’etica che rispetta i deboli e i diversi. Tra questi le persone che soffrono non nel soma ma nella Psiche».

«Lo scopo più nobile della psichiatria – prosegue Buonsante – è liberare gli esseri umani dalle loro stesse catene. Catene annodate non solo dal contesto ma anche da ognuno di noi. Nella pratica mia professionale, io cerco di trovare i paradossi logici nei quali ognuno di noi si è perduto».

Franco Basaglia, ha osato il grande passo di comprendere la vergogna alla base dei manicomi e che faceva (a volte, fa), della psichiatria, una pratica di torturatori. « In Italia negli ultimi 20 anni, con grande fatica siamo riusciti a non tornare indietro, però – afferma la Buonsante – a volte, è salito al potere qualche psichiatra burocrate, ragioniere, quando non vere e proprie mezza manica».

Basaglia ha avuto la forza di poter assicurare una rete di Servizi territoriali che garantiscono l’assistenza psichiatrica ai cittadini. Ha messo le basi per la chiusura di una delle pratiche millenarie più odiose: la condanna alla reclusione di persone le più indifese nel momento della massima debolezza psichica, della massima angoscia e perdita di identità. La psichiatria è entrata nella pratica medica, al pari delle altre specialità.

«Però –  continua la specialista – non basta chiudere i manicomi, bisogna saper curare la gente senza scaricare tutto sulla famiglia o sugli operatori. Questo il mio obiettivo: lo sviluppo di una teoria-prassi di psichiatria territoriale, innesto su più tronchi disciplinari e concettuali, partendo da una differente concezione del territorio rispetto all’ottica basagliana tradizionale, ovvero il territorio non solo geografico, o come domicilio, o casa, del paziente ma come spazio delle sue relazioni.

Donde la necessità di un approccio multidimensionale. L’innesto segreto è stata la terapia famigliare, applicata su larghissima scala sul territorio già dal 1981. Auspico un nuovo modello di edilizia psichiatrica residenziale che realizzi l’idea di fornire uno spazio anche terapeutico al paziente-ospite, diverso dagli attuali (assoluto anonimato, stanze di solito a due letti, prive di ogni riferimento della vita del paziente).

Con questo modello di edilizia residenziale – psichiatrica e l’aiuto della domotica si può assicurare la sicurezza degli ospiti, recuperare l’oscillazione tra isolamento e connessione, dare alla persona la capacità di ricucire e ricucirsi nel proprio mondo interiore, in uno spazio terapeutico e noi possiamo fare un lavoro di restauro del sé che è anche il restauro del puzzle complicato delle varie identità di una persona».

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