La soddisfazione di aver avuto ragione. Anzi, il vanto di esserci riusciti. «Perché io non mi vergogno a dire mi vanto».
Parla la professoressa Maristella Buonsante, direttore in carica che dal 1° aprile saluterà l’Unità operativa complessa (Uoc) Centro Salute mentale di Bari.
Addio con soddisfazione reciproca, tra molti utenti e famiglie di utenti del Centro di salute mentale che, nella sede del Csm, in via Pasubio, dove la Buonsante ha tenuto a battesimo la Carta dei servizi operanti sul territorio di Bari, si sono dimostrati testimonial più evidenti e vitali di una scommessa giocata già nei primi anni ‘80 e vinta negli anni a venire, la scommessa dell’efficacia della riabilitazione psichiatrica dopo l’addio dell’Italia, nel 1978, ai manicomi. «Nella logica della complessità che caratterizza l’attuale clima scientifico – ha avuto a dire la Buonsante in tempi non sospetti – anche il disturbo psichico è oggi riconosciuto come legato all’intrecciarsi di fattori differenti (a livello biologico, individuale, relazionale..).
Per impedire che una persona soffra di disagio psichico, o “mentale” o, come comunemente si dice, di “esaurimento” cioè per fare prevenzione, occorre, quindi, agire al livello (ossia nel contesto) dei differenti fattori». Complessità e prevenzione sono due temi spesso ridondanti nei salotti televisivi dove, tuttavia, la presunzione del dire non fa segno all’afferma – zione umile del fare senza dire, promettere, illudere. Così nelle eterne campagne di disinformazione, giornalistica ma anche dei mestieri e delle professionalità, l’ur – genza degli atti ottiene di essere percepita come tale soltanto se assume le sembianze di un’emergenza. Nel caso della salute mentale, parlarne (o, in alcuni casi, parlarne troppo e male) evidentemente non basta. Bisogna operare secondo il territorio e vivere il territorio, contestualizzare le connessioni medico- scientifiche-sociali facendo in modo che la realtà del dire trasmigri in verità della presa di coscienza.
La complessità, dunque, che per esser tale non è mai complicatezza, tanto nei disturbi psichiatrici che nei disagi della psiche si presenta come approccio indispensabile. E non è un caso che la terapia, se intesa solo come intervento farmacologico, spesso ottenga di intorpidire la mente nella parte in cui questa comanda le azioni e le reazioni.
Con il risultato che, passatone l’effetto, i processi salutari indotti vengano alla fine messi in un angolo fino all’assuefazione e al rifiuto. Negli anni dell’esperienza psichiatrica e psicologica dopo Basaglia, l’interazione e l’azione incrociata degli agenti, nella complessità degli interventi attivati da una corretta riabilitazione psichiatrica e psicologica, non puntano più o comunque non si limitano a ottenere un momentaneo «intorpidimento» e stimolano piuttosto processi di espressione che, nei casi scuola del Csm di Bari, hanno avuto una risposta ottimale – ed è stato possibile rendersene conto – dei collage affissi sui muri del centro di salute mentale prodotti dagli utenti al termine di una delle più riuscite esperienze nel lungo elenco di iniziative avviate con successo nel documento che la professoressa Buonsante ha voluto nominare «Manifesto della psicoriabilitazione» annesso alla carta dei servizi. Ovvero a quel manuale che è insieme una sorta di guida ai luoghi della città di Bari dove la causa della salute mentale non è o comunque non è solo malattia della quale vergognarsi.
E probabilmente sarà risolto il tema della «normalità». Chi si può dire veramente normale?
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Mar