Grande Paolo Spada! Grande narrazione che parla di cose dimenticate e sperdute, quasi una narrazione filogenetica, che nasce da memorie del nostro cervello antico, a riscoprire stati d’animo dimenticati. Come di chi vuole re innamorarsi.
È-oserei dire- una pagina terapeutica, spero che Paolo scriva un saggio che aiuti tutti ad entrare in certi stati d’animo che guariscono il cuore
Scrive…
“In molti film che ho visto al cinema, capita spesso che quando qualcuno vuole cambiare vita, apre la porta di un’automobile e parte. Gente che ha perso il lavoro, il marito, un figlio o ha preso una tegola in testa come una brutta malattia, pensa come prima cosa a muoversi, a cambiare luogo. E’ gente normale, con un vita regolare e scandita dagli impegni fino a un minuto prima, che d’improvviso si scopre sulla frontiera.
Maristella, che di mestiere fa la psichiatra, mi raccontava qualche giorno fa al telefono di un tizio, un brillante ingegnere a cui avevano diagnosticato un cancro incurabile, che invece di iniziare il calvario di terapie e operazioni si era comprato una barca a vela ed era sparito; dopo un bel po’ di tempo passato in giro, non si sa dove, non curandosi di poter morire, era tornato a casa pieno di vita, scoprendo la sua completa guarigione.
Nelle notti sveglie in ospedale fantasticavo di molti luoghi dove sarei andato a perdermi una volta uscito di lì; far sparire le proprie tracce è parte integrante di un cambio di vita, bisogna andare via dal luogo che ci ha tolto la felicità, o la salute, e spesso le due cose vanno di pari passo. Non è necessario fare un grande piano: imparare a vivere con i soldi che si riescono ad organizzare
e stare molto attenti che le nuove destinazioni che si scelgono per sé non attraggano presto o tardi le stesse cose della vita passata. In questo senso bisogna avere il coraggio, con metodo, di cambiare completamente abitudini.
Il primo alleato deve essere il buon umore e la voglia di vivere. Quella che hanno i bambini per capirci.
Il buon umore e l’energia vitale sono due tonici per la mente e per il corpo. Alleggeriscono ogni fatica. Chiudersi dentro sé stessi, lamentarsi con tutti della propria condizione, prendersela con il destino, producono un umore che ti scaverà una fossa da dove sarà sempre più difficile uscire.
Scriveva un tizio: “signore, concedimi la grazia di accettare con serenità le cose che non possono essere cambiate, il coraggio per cambiare quelle che dovrebbero essere cambiate, e la saggezza per distinguere le une dalle altre” Sta tutta lì la questione.
La serenità è il frutto della rassegnazione all’incertezza, ma coraggio di fare tutto il resto.
Il viaggio è la prima cura, l’allenamento all’incertezza. Difficilmente chi va in giro pel mondo senza mete prefissate torna triste, e non perché questi viaggi siano comodi, o sono necessariamente fatti da mille esperienze memorabili.
Il viaggio educa alla serenità, perché passare da un posto all’altro ti insegna a vivere l’incertezza, al cambiamento costante, a sopportare le fatiche degli spostamenti, e ad apprezzare cose minime, come un buon pasto, o un riposo confortevole.
Il mio caro amico Simone, che saluto se sta leggendo, si è fatto il tragitto Alaska Patagonia con un vecchio motorino da 50 km orari di velocità massima; perché si fanno queste cose? e soprattutto perché si torna migliori, più sereni?
Ricordo qualche anno fa un viaggio che ho fatto a piedi in Hornstrandir; una regione completamente disabitata dell’Islanda, dormendo per una settimana in tenda, mangiando barrette e qualche raro pezzo di cioccolata. Alla fine del viaggio non posso descrivervi la gioia di una minestra calda, l’infinito abbraccio del mondo dentro un cucchiaio. O una bottiglia di acqua fresca a Djanet, dopo due settimane passate nel deserto nel sud dell’Algeria. E’ un mistero perché fare questi viaggi cosi faticosi e assurdi ti regalino una forza e armonia interiore , rispetto ad un resort dove insegui una felicità vista come costante riempimento di qualcosa, di bisogni, di desideri, di ogni vuoto che è lì per essere riempito, senza lasciare spazio ad alcuna incertezza. Ma fate caso agli occhi nelle fotografie dei turisti da resort, e gli occhi degli avventurosi in giro per il mondo sotto una qualche tenda. Vedrete la differenza e qualche sospetto da dove venga la serenità inizierà a venirvi.
Ho fatto vacanze in resort a cinque stelle perfettamente progettati nell’arte di non farti mancare nulla, ma nessuno di questi è stato in grado di restituirmi la pace profonda di dormire in una capanna appoggiata alla roccia in mezzo al deserto del Namib, o con un materassino sottile e sacco a pelo guardando le stelle dalla cima dell’Assekrem in Algeria.
In ospedale mi ero promesso che avrei ripreso a viaggiare, lavorando meno, slacciando molti tra i nodi che le connessioni sociali ti producono e che presto o tardi diventano una prigione.
Mi sono fatto una promessa: che mi sarei preso cura di me.
Ho iniziato a cercare una casetta per dormire nei boschi della parte centrale della Svezia, contattato un pescatore alle Lofoten proprietario di un Rorbu direttamente sull’acqua , immaginata l’amata Scozia delle Highlands e delle isole Ebridi, percorso con la mente la bella costa atlantica d’Europa, dalla Galizia, all’elegante Bretagna francese, con le sue spiagge a perdita d’occhio, e i cieli che profumano di nord.
Prima di decidere il primo punto di arrivo, mi sono deciso di andare a lavare la macchina perché fosse come nuova, da Salvatore, un uomo sulla cinquantina sempre gentile che gestisce un autolavaggio specializzato in interni. Salvatore è noto per utilizzare macchine speciali per il lavaggio a vapore degli interni, con l’ozono, e per lucidarvi la carrozzeria fuori da annullare il tempo della vostra auto. Sono i posti dove vanno le concessionarie a sistemare le auto vecchie prima di provare a vederle.
Salvatore come chiunque ami il proprio lavoro, adora spiegare quello che fa: ed io sono stato felice di ascoltare come veniva lavata l’auto, la potenza dei macchinari, lo sforzo economico per acquistarli, e il potere dell’ozono, che mi ha invitato “a respirare”, ma non troppo, intanto che lo inalava dentro la mia auto per togliere qualsiasi odore residuo. “Fa l’effetto alta montagna” mi ha detto, ed in effetti con un po’ di immaginazione ci si può immaginare sopra i 3000 metri invece che parcheggiati in un autolavaggio su via Corelli sulla strada provinciale che va verso Novegro.
Con il pretesto dell’ozono abbiamo iniziato a parlare delle montagne da cui Salvatore proviene, quelle della Sila in Calabria, quelle di sentieri misteriosi, alberi antichi e bellissimi, villaggi dimenticati e per dimenticare. Intanto che mi sistemava la macchina perché sembrasse nuova, Domenico si commuoveva a ricordare le zone dove era nato, le spiagge nascoste dalle Pinete, il non lontano monte Pollino “che è meglio delle dolomiti”. Ed io ho pensato di doverci andare, prima o poi, in quelle zone, per un pò.
Il viaggio inizia cosi, facendo una cosa semplice come lavare la propria auto per renderla pronta alla partenza, parlando con le persone che incontriamo per strada, e aprendoci alla vita.
Martedì ho una visita di controllo all’istituto dei tumori. Poi penserò un po’ a dove andare in giro, visto che le forze stanno tornando.
Mi porterò dietro il mio computer per lavorare, ottime cuffie e diffusore per ascoltare musica, vestiti a sufficienza.
E poi si parte, direzione ad oggi ignota, sennò che perdersi sarebbe”
Paolo Spada
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